- Oggi parliamo con il Dott.Mario Lipparini, radiologo presso Ionoforetica di Bologna
Ecografia addome. Cos’è?
L‘ecografia dell’addome può essere considerata come l’estensione di una comune visita manuale, ovvero la classica palpazione addominale. Si effettua utilizzando un mezzo strumentale, l’ecografo, per ottenere informazioni sul volume, la struttura dei visceri e i loro rapporti spaziali, altrimenti non ottenibili con la tradizionale semeiotica.
Il principio fisico su cui si basa la metodica ecografica è quello dell’effetto piezoelettrico. La “sonda”, il principale elemento della strumentazione, è in grado di emettere e contemporaneamente ricevere onde ultrasonore di frequenza superiore a 20.000 Hertz. In questo modo costruisce con le onde di ritorno (echi) le immagini degli organi e tessuti attraversati dal fascio ultrasonoro.
Ecografia addome, come si svolge l’esame? Consigli per la preparazione?
Durante l’ecografia addome Il paziente è sdraiato su un lettino e viene esaminato nei decubiti opportuni, a volte anche in piedi, per ottenere le migliori “finestre acustiche” utili alla visualizzazione ottimale degli organi. La sonda viene fatta scorrere sulla superficie cutanea tramite l’interposizione del gel (soluzione acquosa gelatinosa inerte).
Ecografia addome controindicazioni.
Non esistono controindicazioni e la preparazione per l’ecografia dell’addome è molto semplice. A tal proposito sottolineo come, nelle prestazioni di pronto soccorso, vengano eseguite ecografie in urgenza-emergenza a pazienti che ovviamente non hanno seguito protocolli specifici. È sufficiente un breve digiuno 2/3 ore prima dell’esame e moderata replezione vescicale. Sarebbe sufficiente non urinare nello stesso periodo temporale del digiuno e, con l’assunzione di un modesto carico idrico (circa 1/2 litro d’acqua) 1 ora prima della visita, arrivare in ambulatorio col giusto stimolo. Troppo spesso il paziente si trova in drammatica difficoltà per un eccessivo apporto idrico in occasione di ritardi anche modesti per l’esecuzione dell’esame.
L’indagine, correttamente eseguita, deve essere estesa a tutti i parenchimi addominali: non è clinicamente proponibile l’esplorazione del singolo organo e il referto valuterà complessivamente l’addome. Non è infrequente la rilevazione di reperti occasionali, ovvero non contemplati dal quesito, e di forte impatto diagnostico: ad esempio focalità obsolete epatiche (metastasi), neoplasie renali a evoluzione spesso silente, processi espansivi a partenza intestinale.
Sarebbe sicuramente un vantaggio diagnostico poter avere una motivazione specifica che indirizzi l’esame; purtroppo, ciò non sempre accade e quindi diventa molto importante la capacità di “ascolto” dell’operatore nei confronti del paziente.
L’ecografia addome riveste uno dei ruoli più importanti nell’approccio diagnostico al dolore acuto ovvero quando esiste la necessità di interpretarlo nelle sue componenti eziologica e topografica. La metodica ha una elevata sensibilità nella diagnosi di patologia calcolotica dell’apparato biliare e renale, una delle più frequenti cause di addominalgia.
Tra le indicazioni un po’ più specifiche e mirate dell’ecografia dell’addome ricordiamo lo studio del distretto pelvico con valutazione del residuo vescicale post-minzionale, raccomandato nei maschi adulti over 50. Inoltre, possiamo menzionare l’esplorazione delle anse intestinali che, pur non sostituendo la classica colon-scopia, consente il monitoraggio di patologie croniche granulomatose a localizzazione ileo-colica ed è un valido supporto nella diagnosi di appendicopatia acuta nei bambini e nell’adulto.
L’ecografia addome può essere considerata come un’indagine di prevenzione?
Facendo riferimento ai principi informatori degli studi epidemiologici si parla di prevenzione quando l’intervento è rivolto alla causa della malattia, cioè all’esposizione ai fattori di rischio. Per esemplificare: intervento = “stile di vita”.
Le indagini cliniche tra cui la diagnostica per immagini e i test di laboratorio emato-chimici consentono tutt’al più una diagnosi precoce dello stato morboso e possono prevenire possibili complicanze che si verificano se l’accertamento è tardivo, ma non hanno funzione preventiva riguardo la malattia.
In questa ottica l’ecografia viene utilizzata come strumento di “follow-up” (controllo evolutivo) della patologia neoplastica che, con l’evolversi di terapie sempre più efficaci, va considerata a tutti gli effetti come una malattia “cronica” a lunga sopravvivenza, ma soggetta a possibili recidive nel suo decorso da diagnosticare, appunto, precocemente.
L’ecografia è utile nello studio delle malattie croniche?
Per quanto riguarda la malattia neoplastica le ho appena risposto. Ci sono tuttavia organi quali fegato, pancreas e reni soggetti a sviluppare patologie croniche evolutive; cito ad esempio la cirrosi epatica, la pancreatite cronica e l’insufficienza renale cronica.
In questo ambito spesso l’ecografia viene utilizzata routinariamente nel monitoraggio evolutivo della patologia di base. È un contributo tuttavia non decisivo ai fini prognostici in quanto fornisce informazioni solo morfologiche e non funzionali in relazione allo stato di salute dell’organo e necessita pertanto del fondamentale supporto clinico-laboratoristico per programmare successivi interventi terapeutici.
Negli ultimi anni ci sono state evoluzioni nell’utilizzo dell’ecografia?
Dal punto di vista tecnico direi di no. Gli strumenti sono stati implementati da numerosi software (cito tra i tanti le acquisizioni in 3D) che comunque non accrescono nel complesso i parametri fondamentali della qualità dell’immagine, ovvero la risoluzione spaziale e la risoluzione densitometrica.
Dal punto di vista diagnostico il campo di applicazione degli ultrasuoni si è esteso sempre di più nella pratica clinica di professionisti specialisti in varie branche della medicina. Ricordo, ad esempio, l’ecografia intracavitaria per i ginecologi, urologi e gastro enterologi, quella intra operatoria per i chirurghi, dermatologica e oculistica con apparecchi dedicati.
Per concludere è doveroso ricordare il grande limite di questo mezzo diagnostico innocuo e senza controindicazioni nella sua applicazione: l’operatore-dipendenza. Da questo deriva l’impossibilità di avere uno standard di prodotto e di confronto con altre analoghe indagini eseguite in precedenza o eventuali analisi future. L’indagine non è ripetibile come irripetibili sono le condizioni in cui viene svolta, sia da un punto di vista clinico che operativo, e rappresenta una istantanea diagnostica fatta da fotografi più o meno abili.